Patrick Lefevere di nuovo a gamba tesa sul ciclismo femminile: “Livello troppo basso per giustificare uno stipendio minimo”
Nuove dichiarazioni controverse per Patrick Lefevere riguardo il ciclismo femminile. Il Team Manager della Soudal – QuickStep, che già in passato aveva mostrato il suo scetticismo riguardo un movimento in forte crescita spiegando di non volerci investire perché non era un ente benifico, era poi in qualche modo tornato sui suoi passi visto che la sua struttura è poi approdata anche tra le donne con la AG Insurance-Soudal-QuickStep. Una realtà continental che vuole portare ai massimi livelli, ma con i suoi tempi e modi, pur avendo comunque ingaggiato cicliste di spessore come Ashleigh Moolman-Pasio e Lotta Henttala.
Nuovo bersaglio delle sue critiche è ora il salario minimo garantito alle cicliste, che attualmente è di 32.102 € per le stipendiate e 52.647€ per le cicliste che sono a partita IVA. Perlomeno queste sono le cifre a cui devono sottostare i team WorldTour, categoria alla quale la sua squadra non appartiene, tanto che non ha nascosto che al momento di vedere i conti della sua nuova squadra ha scoperto che alcune ciclisti percepivano appena 250 euro al mese. “Non è possibile – ha commentato al riguardo – Quindi ho deciso era necessario fare qualcosa. Se lo fai, bisogna farlo bene, altrimenti meglio non iniziare. Ci vorrà tempo perché dobbiamo costruire, ma arriveremo al top del ciclismo femminile”.
Propositi che si vanno così a scontrare con quel salario minimo che si trova però a contestare: “Credo fermamente e sicuramente nel potenziale del ciclismo femminile, non voglio essere frainteso, ma penso che al momento sia gonfiato artificialmente. Ad esempio il salario minimo nel Worldtour è 60.000 € (una approssimazione errata per eccesso, ndr). Lo stesso degli uomini e questo non va bene”.
Detta così suona piuttosto male e l’esperto dirigente fiammingo, rendendosene conto, prova a spiegarsi meglio: “Ancora, non mi fraintendete, non ho niente contro di loro, ma ci sono cicliste che non valgono assolutamente quella cifra. Ad esempio, al Tour de France Femmes lo scorso anno hanno dovuto alzare il tempo massimo altrimenti mezzo gruppo sarebbe arrivato fuori tempo massimo. Sicuramente non vuoi pagare 60 mila euro qualcuno che non è in grado di competere, giusto? Ci sono sicuramente ragazze che meritano quella cifra, alcune anche di più, ma in questo momento il livello non è abbastanza alto nel suo complesso per giustificare un tale stipendio minimo”.
Introdotta nel 2020 dall’UCI come passo fondamentale per far crescere il movimento femminile e aumentare la professionalizzazione delle ragazze, consentendole di allenarsi e correre full-time, senza dover fare altri lavori per mantenersi, la norma è sostanzialmente limitata alle 15 squadre appartenenti al Women’s WorldTour, anche se tra le 57 squadre continental non mancano quelle che hanno deciso di adeguarsi a loro volta. Un sondaggio condotto quell’anno da The Cyclists’ Alliance aveva fatto emergere che il 25% delle ragazze che componevano il gruppo non percepivano alcuno stipendio.
Da allora la situazione sembra essere migliorata, ma una inchiesta di cyclingnews nei mesi scorsi aveva chiaramente mostrato la grande disparità fra coloro che possono dedicarsi full-time allo sport nel confronto delle altre, che magari dovevano fare 1-2 lavori accanto al ciclismo per potersi mantenere. La norma è stata introdotta proprio per uscire da questa impasse, permettendo di alzare il livello generale proprio grazie alla possibilità di applicarsi a tempo pieno allo sport. Appare infatti inevitabile come se non si ha la possibilità di allenarsi e prepararsi correttamente ai grandi eventi, non è possibile raggiungere il livello necessario.
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